Non ci sono ricerche scentifiche a sostegno della dieta a crudo
“Sai, i potenti e gli stupidi hanno una cosa in comune. Non cambiano le proprie opinioni per farle aderire ai fatti. Alterano i fatti per adattarli alle loro opinioni, il che potrebbe essere un problema, se per caso siete uno dei fatti da alterare”.
- Dr. Who
Con questo mito si sottintende che, siccome non vi è “nessuna ricerca scientifica” condotta da istituzioni come l’Associazione Americana di Medicina Veterinaria (AVMA), allora non si dovrebbe usare una dieta a crudo. Dire che non esiste “nessuna ricerca scientifica” è una scappatoia che è stata usata per screditare le diete a crudo e nascondere la verità. Ma bisogna rendersi conto che non vi è alcuna prova per dimostrare che una qualsiasi marca di crocchette industriali sia giusta per i vostri animali domestici.
Le uniche ricerche effettuate sui mangimi industriali sono state eseguite per verificare:
a) se i cani possono essere alimentati con un cibo a base di cereali,
b) se i cani possono sopravvivere “in maniera accettabile” consumando questi alimenti industriali per un breve periodo di tempo,
c) se la marca X produce del cibo che può migliorare la vita del cane (aiutare con le malattie renali, con il diabete, con l’obesità),
d) se la marca X produce del cibo “migliore” (più appetitoso, più soddisfacente, che crea un volume di feci minore, ecc.) rispetto alla marca Y.
Non è stata effettuata nessuna ricerca per determinare gli effetti a lungo termine dell’alimentazione industriale, né per stabilire se effettivamente è sana per il vostro cane (un mangime è decretato come “sano” quando ha superato una prova di alimentazione della durata di sei mesi, quindi i produttori lo pubblicizzano “sano” con l’inganno).
Per quanto riguarda invece le diete a crudo, l’evoluzione durata un milione di anni non sembra essere una prova sufficiente per coloro che sostengono la mancanza di ricerca e studi nella letteratura scientifica. Per le persone che si lamentano della mancanza di “studi” e “ricerca” non sono sufficienti neanche le prove anatomiche e fisiologiche nel cane, né quelle del DNA mitocondriale, né i dati indiretti e statistici sulle malattie che affliggono gli animali nutriti con i mangimi e neppure le prove aneddotiche.
Le testimonianze personali vengono respinte come prove in quanto sono scientificamente infondate e aneddoctiche. Anche se la prova (il cane) è proprio davanti ai loro occhi in perfetta salute (è interessante notare che, in un tribunale, un “testimone oculare” fornirebbe prove sufficienti per condannare un uomo, ma non è sufficiente per la comunità “scientifica” composta dai produttori di mangimi e dai loro affiliati, dei quali fanno parte i veterinari nelle università e molti veterinari negli ambulatori).
La gente quindi si aspetta che chi alimenta i propri animali con diete a crudo accetti le loro esperienze personali come prove quando proprio loro hanno già bollato le prove offerte sulle diete a crudo come aneddotiche.
Sentirete dire “Ho visto tanti cani nella mia clinica con problemi nutrizionali dovuti a diete a crudo!” (E invece cosa mi dici di tutti gli animali malati che entrano nel tuo studio e sono nutriti con crocchette?) oppure “Le ossa uccideranno il vostro cane” (Ah si? Chi lo dice? Dimostralo!).
Questo particolare pregiudizio è stato utilizzato nella letteratura veterinaria per dimostrare che le diete a crudo non sono adatte ai nostri cani come quelle industriali:
“Anche se vi sono numerose testimonianze sui benefici apportati dalle diete a crudo per la salute canina, queste sono tutte aneddotiche...Le ossa crude presenti in molte di queste diete, comportano molti rischi, e anche se l’effettiva incidenza delle complicazioni provocate dall’ingestione di ossa crude non è nota, vengono riportati casi casi di occlusione intestinale, perforazione gastrointestinale, gastroenterite e fratture dentali ... “
citazione da pag. 706 dell’articolo Evaluation of raw food diets for dogs di Freeman, L.M. e K.E. Michel [JAVMA. 218 (5): 705-709]
Le affermazioni sulle diete a crudo sono prima respinte poiché aneddotiche, ma poi agli utenti viene chiesto di prendere in considerazione quei “documenti” anch’essi anedottici e senza fondamenrto contro le diete a crudo. Così non si fa altro che infilare la testa nella sabbia, nel tentativo di mantenere lo status quo.
Vi è in effetti una mancanza di prove scientifiche (sotto forma di studi e di ricerche) sulle diete a crudo. Perché? Beh, chi pagherebbe per un ampia ricerca sulle diete a crudo, quando le prove a favore potrebbero essere schiaccianti? Chi sostiene che queste diete siano inferiori e peggiori del cibo industriale, cita sempre ricerche effettuate dalle industrie produttrici di crocchette e lamenta la mancanza di studi analoghi sulle diete a crudo, come elemento di prova. Ma andiamo a esaminare in che modo gli studi avvengono nella realtà.
In primo luogo, è necessario elaborare un’ipotesi e uno scopo. Che cosa si vuole studiare? Perché si vuole studiarlo? Che cosa ci si aspetta di trovare? Dopo aver fatto questi ragionamenti bisogna progettare lo studio, compresi i materiali e metodi, i gruppi di controllo e le variabili. Bisogna delineare tutto in modo molto particolareggiato, e poi tentare di includere questo studio in una sovvenzione: dopotutto, c’è bisogno di una grande quantità di denaro per eseguire questo tipo di ricerche. Allora, dove si ottiene il denaro? Bisogna cercare individui, aziende o società che potrebbero essere interessati al progetto. Alcune delle più grandi aziende e società hanno fondi già pronti per questo genere di ricerche e per i quali si può fare domanda. Altre volte è necessario presentare la richiesta ad una società e chiedere dei fondi specifici che non siano già stati destinati ad una ricerca in particolare. Come ci si assicura che la ricerca ottenga questo denaro? Bisogna chiedere a chi è molto interessato a quello che si cerca, a quelle compagnie che in qualche modo hanno un interesse economico nel progetto e che quindi lo finanzierebbero per saperne di più: insomma in qualche modo ci deve essere un tornaconto (è il caso ad esempio una ditta farmaceutica che vuole ampliare la propria attività dalle protesi articolari a quelle vertebrali e guarda caso è quello che state studiando!). Questa è la chiave: bisogna contattare quei finanziatori che offriranno il loro denaro se c’è qualche vantaggio in cambio.
Ma che cosa succede se i risultati dello studio sono sfavorevoli al prodotto che si sta studiando o al metodo che si sta sperimentando e quindi il progetto influirà sfavorevolmente sulla ditta che produce tale prodotto o approva detto metodo? Dipende da quanto è stato messo in gioco. Se inizialmente c’era poco (magari si tratta di un piccolo studio pilota dove la ditta vuole semplicemente vedere se vale la pena investire sulle vertebre artificiali) allora non ci dovrebbero essere complicazioni. Lo studio ha raggiunto lo scopo e per il finanziatore non è stata una grande perdita (alcuni sostengono che le aziende produttrici di mangimi abbiano fatto proprio una cosa del genere con le diete a crudo. Ma se così fosse, avrebbero già a disposizione tutti i dati e le cifre che riflettono negativamente su queste diete, quindi potrebbero semplicemente pubblicare i risultati di tale studio per dimostrare definitivamente che queste sono inutili. Eppure non lo fanno. Perché? Perchè non hanno questi risultati). Ma cosa succede se invece sul piatto c’erano investimenti di miliardi di dollari? Che cosa accadrebbe ai risultati? Per la medicina umana, questo ha portato all’insabbiamento della verità, come ad esempio nel caso delle informazioni riguardanti i pericoli del Vioxx.
Ora dobbiamo applicare lo stesso schema logico alle industrie di mangimi e agli studi sulle diete a crudo. Quasi ogni singolo studio eseguito sui prodotti alimentari per animali che vediamo in commercio è stato parzialmente o totalmente finanziato dalle ditte produttrici. Un esempio potrebbe essere quello della Purina che ha pubblicato un suo studio sulla possibilità di allungare la vita degli animali domestici: i loro laboratori hanno scoperto che alimentando i cani con una quantità di cibo Purina inferiore alla razione giornaliera ed impedendogli di ingrassare, questo estenderebbe la vita dei nostri migliori amici di ben due anni. Naturalmente, è già noto a tutti che mantenere il peso forma è meglio per la salute di tutti gli animali (ancora una volta, gli studi “scientifici” hanno dimostrato una cosa che è palese a tutti). Ma utilizzando solo il loro cibo nello studio, non possono dimostrare che è proprio il mangime Purina ad allungare la vita. C’è solo un minuscolo asterisco alla fine della pubblicità ad avvisarti che questo succede solo se si somministra una quantità di mangime inferiore all’importo consigliato sulla scatola, mantenendo così il proprio animale domestico molto magro. Ma chi leggerà mai la nota a pie’ di pagina?
Diamo adesso un occhio alle diete a crudo. Chi sarebbe disposto a finanziare un solido e lungo studio su queste diete? Che cosa accadrebbe se i risultati influissero negativamente sui cibi industriali e positivamente sulla carne cruda? Pensate a quanto hanno da perdere! Personalmente sono dell’idea che la mancanza di studi sulle diete a crudo e della buona volontà a studiarle sia in realtà finalizzata a nascondere qualcosa, a coprire qualcosa che non deve essere trovato. Ed io non sono a conoscenza di nessuna ditta produttrice di mangimi che pagherà per uno studio sugli effetti delle diete a crudo. Nessun animale dei gruppi di controllo, sui quali queste ditte effettuano gli studi, è nutrito con una dieta a crudo! Gli studi vengono basati sulla la falsa ipotesi che i cani siano onnivori e possano essere mantenuti dignitosamente ed in salute con del cibo industriale a base di cereali. È abbastanza interessante notare che è stata proprio la ricerca scientifica condotta dalle ditte di mangimi a contribuire alla dimostrazione che i cani non hanno bisogno di carboidrati. Proprio la ricerca nei loro registri (e presente nel libro Waltham Book of Dog and Cat Nutrition) dimostra perfettamente che anche le ditte di mangimi sono a conoscenza del fatto che i cani sono carnivori. Eppure continuano ad ingannare i consumatori, i veterinari e gli studenti.
Ci sono state ricerche sulla presenza di batteri, sulle analisi nutrizionali (in base alle norme AAFCO), sui parassiti nella carne cruda (utilizzando solo la letteratura scientifica pre-esistente, che spiegava quali tipi di parassiti potrebbero essere eventualmente trovati nella carne cruda), ma non ci sono studi che scavino in profondità e in maniera obiettiva su come le diete a crudo influiscano sulla salute degli animali. Perché non ci sono? Si tratterebbe di un lungo e difficile studio che richiederebbe la collaborazione di veterinari a livello nazionale e di molti proprietari di animali da compagnia, o l’inutile sofferenza di centinaia di cani da laboratorio che andrebbero nutriti in maniera scorretta in nome dell’”obiettività scientifica” (e c’è sempre la possibilità che questi scarsi risultati siano esibiti per dimostrare che le tutte le diete naturali sono sbagliate e inadeguate). Senza dubbio il finanziamento sarebbe ugualmente un enorme problema, ma ci sono delle questioni basilari che impediscono gli studi: la paura di ciò che può essere scoperto, che le diete a crudo siano effettivamente riconosciute come migliori e che i cibi industriali siano decretati dannose. Questo ridurrebbe drasticamente lo status quo e distruggerebbe le aziende produttrici di crocchette e i veterinari che dipendono da loro.
Se fosse dimostrato scientificamente che queste diete sono migliori e che le crocchette sono nocive, vi sarebbe un tremendo contraccolpo per le industrie alimentari per animali e per i veterinari professionisti che ne sono affiliati. Le vie legali sarebbero le strade più percorse: la gente citerebbe in giudizio i veterinari per avergli raccomandato un prodotto che danneggia i loro animali. Poi sarebbero citate le ditte mangimistiche per aver venduto un prodotto nocivo senza avvisare i consumatori dei suoi pericoli, per la pubblicità ingannevole di un prodotto dannoso, e per aver coperto delle informazioni importanti sui loro prodotti . I veterinari citerebbero le università per aver fornito un’istruzione inadeguata e falsa. Migliaia di persone sarebbero licenziate, industrie multimilionarie crollerebbero, centinaia di veterinari si troverebbero senza lavoro e la società non avrebbe più un sistema accettabile per smaltire adeguatamente gli animali morti, moribondi, malati, gli scarti della lavorazione dei cereali e il 40% circa degli animali domestici soppressi che vengono “riciclati” in impianti di trasformazione, barbiturici e molto ancora (dati tratti da Raw Meaty Bones di T. Lonsdale e Foods Pets Die For di A. Martin). Tutto questo è ciò che si avrebbe da perdere, se i risultati di uno studio indicassero che le diete a crudo sono migliori di quelle industriali. Si capisce adesso perché non si effettuerà o pubblicherà mai un vero e proprio studio che esamini obiettivamente le diete a crudo ed i loro effetti sulla salute del cane?
Nota: se sei il proprietario di un animale domestico, un veterinario o uno studente di veterinaria e ti senti leso dalle aziende produttrici di alimenti per animali e dai loro stretti legami con le università, visita il sito Raw Meaty Bone.
Questa non è l’unica considerazione da fare quando si tratta di studi sulle diete a crudo. Per effettuare un’adeguata ricerca che soddisfi tutte le critiche, centinaia di cani dovrebbero soffrire mangiando cibo crudo preparato in modo sbagliato (con dosi e alimenti impropri), perché nel nome della scienza, tutte le variabili della dieta dovrebbero essere calcolate e testate. Questo significa che i cani da laboratorio dovrebbero essere alimentati con tutte le diete a base di carne: quella che prevede solo colli e code di pollo, quella che propone scarti di verdure con un po’ di carne ed in particolare ossa, quella che ammette solo cuore di manzo, etc. Perché fare tutto questo, quando basterebbe che i ricercatori osservassero la natura che da un milione di anni nutre i canidi in questo modo? È solo inutile sofferenza. La prossima volta che qualcuno lamenta la mancanza di studi scientifici sulle diete a crudo, chiedetegli se fornirebbe volontariamente il proprio cane per lo studio.
I veterinari e le altre “menti scientifiche”, invece di spingere per il finanziamento di uno studio imparziale e sostenerne la necessita (il che è un bene, almeno risparmiano inutili sofferenze ad animali in nome della scienza), pongono l’accento sulla mancanza di dati e si nascondono dietro a un dito, nel tentativo di salvare la faccia mentre ignorano un milione di anni di studi scientifici effettuati nel laboratorio della natura. Ci sono in effetti alcuni studi cruelty-free che potrebbero essere realizzati. Per esempio, i ricercatori potrebbero osservare e creare una statistica sull’incidenza delle malattie periodontali riscontrate in cani che si nutrono di carne cruda e cani che si nutrono di croccantini. Ma anche qualcosa del genere potrebbe essere difficile da effettuare, in quanto ci sono molte le variabili che dovrebbero essere considerate e che dovranno essere incluse nello studio. Inoltre, si dovrebbe reperire un grande campione di animali e ricercare la collaborazione tra i proprietari di animali, i veterinari e ricercatori. Ancora una volta, però, veniamo al nodo principale: chi pagherà per questo, e perché?